Ghirlandaio

Domenico Bigordi, noto come il Ghirlandaio, è stato uno dei protagonisti del Rinascimento e della città di Firenze, dove nacque nel 1448, all'epoca di Lorenzo il Magnifico.
Così introduce la sua figura nelle Vite Giorgio Vasari: "Domenico di Tommaso del Ghirlandaio, il quale per la virtù e per la grandezza e per la moltitudine dell’opere si può dire uno de’ principali e più eccellenti maestri dell’età sua, fu dalla natura fatto per esser pittore".
Decisiva fu sicuramente la sua formazione, in cui poté fare parte della prestigiosa bottega di Andrea del Verrocchio, frequentata da giovani talenti come Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Bartolomeo della Gatta, Lorenzo di Credi e anche Leonardo da Vinci.
Una volta divenuto un importante pittore ebbe anch'egli la propria bottega, una delle più ambite di Firenze insieme a quella di Cosimo Rosselli, frequentata a partire dal 1487 dal giovanissimo Michelangelo Buonarroti, il quale, sebbene vi restò pochissimo, fu iniziato all'arte proprio dal Ghirlandaio. Quest'ultimo, racconta Vasari in un aneddoto, capì subito il genio precoce dell'allievo e mentre lo osservava lavorare affermò: "Costui ne sa più di me".
Si pensi che in questo periodo il Ghirlandaio era già all'apice della sua fortuna artistica; aveva per esempio finito di lavorare a Roma nella Cappella Sistina al servizio di Sisto IV, il quale aveva deciso di decorare le due pareti laterali, chiamando i migliori artisti dell'epoca. Qui il Ghirlandaio, Perugino, Botticelli, Cosimo Rosselli e Luca Signorelli ebbero la loro sfida più grande, lavorare per il papa in quella che sarebbe diventata la cappella più famosa della storia dell'arte.
I lavori di questi professionisti toscani durarono appena due anni e il giorno dell'Assunta dell'anno 1482, solennità a cui è dedicata la cappella, Sisto IV poté inaugurare gli affreschi. Entrando dalla porta principale, dalla parte opposta rispetto all'ingresso del percorso dei Musei Vaticani, si vedono sulla parete di destra le Storie di Gesù e sulla parete di sinistra le Storie di Mosè, scene tratte dunque dall'Antico e dal Nuovo Testamento, a dimostrazione della concordanza tra la vita di Mosè e quella di Cristo, i due grandi legislatori.
Il Ghirlandaio dipinse la Vocazione dei primi apostoli, nella parete delle Storie di Cristo, in cui vediamo in primo piano la chiamata di Simon Pietro e Andrea, descritta così dall'evangelista Marco:
Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito, lasciate le reti, lo seguirono.

La scena continua sulla parte di destra del dipinto, dove Pietro e Andrea sono dietro a Gesù, sulla riva, che sta chiamando a sé altri due apostoli, Giacomo e Giovanni, rappresentati sulla barca del padre Zebedeo al centro.
Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

Originale è la scelta da parte dell'artista di ritrarre alcuni contemporanei, come dimostrano gli abiti, nella moltitudine di spettatori che assistono alla chiamata. Alla scena, che si svolge in modo circolare, fa da cornice un bellissimo paesaggio con monti, insenature e città fortificate, fino al perdersi delle acque nell'infinito dell'orizzonte. L'artista si firma attraverso l'immagine di un giovane a sinistra coronato da una ghirlanda, evidente allusione al suo nome.

La storia è dunque di acqua e di salvezza, così come l'affresco situato di fronte, in perfetta specularità di immagine e di contenuto, il Passaggio del Mar Rosso, attribuito al Ghirlandaio o più probabilmente a Biagio d'Antonio, uno dei collaboratori. La scena è concitata, con Mosé sulla sinistra che ha portato in salvo il suo popolo dalla servitù d'Egitto, mentre l'esercito egiziano è travolto dalle acque rosse che si stanno richiudendo.

Il Ghirlandaio realizzò un affresco anche sulla parete d'ingresso della cappella, dove vi sono raffigurati i due episodi conclusivi delle Storie di Mosè e di Gesù: la Resurrezione di Cristo e la Disputa sul corpo di Mosè. I due affreschi furono eseguiti rispettivamente dal Ghirlandaio e da Luca Signorelli, ma furono purtroppo distrutti a causa di un crollo nel 1522. Le due opere vennero sostituite durante il pontificato di Gregorio XIII dai lavori di Hendrik van den Broeck e di Matteo da Lecce.

Nella sua vasta produzione artistica, il Ghirlandaio realizzò ben due cenacoli importanti, situati a Firenze; era tipico infatti, nei monasteri fiorentini, l'abbellimento del refettorio con l'affresco dell'Ultima Cena, in una tradizione che a partire dalla metà del Quattrocento con Andrea del Castagno, passando per Perugino, giungerà sino ad Andrea del Sarto nel secondo decennio del Cinquecento. Il primo ad essere stato realizzato dal Ghirlandaio è il Cenacolo di Ognissanti, datato 1480, dipinto prima dei lavori nella Sistina, mentre l'altro è il Cenacolo di San Marco, del 1486, conservato nel Museo nazionale di San Marco.
Le due opere hanno un impianto molto simile, apparendo a prima vista quasi uguali, con gli aspetti drammatici che sono molto limitati per lasciare posto ad un'atmosfera serena, destinata a divenire maggiormente misteriosa già nel Cenacolo leonardesco.
Il dettaglio che subito notiamo è la presenza di un unico apostolo dall'altra parte della tavola, di spalle rispetto l'osservatore. È Giuda Iscariota, protagonista dello specifico momento raffigurato, quando Gesù pronuncia la frase: "In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà".
La scena si affaccia su un giardino con diverse piante, aranci, palme e cipressi, tra le quali volano molti uccelli. Entrambi hanno molteplici significati simbolici legati alla Passione e Resurrezione di Cristo. L'opera del Ghirlandaio sarà decisiva per l'Ultima cena di quasi dieci anni dopo di Pietro Perugino, affrescata presso il Convento di Fuligno di Firenze.

Già a partire dal 1479 il Ghirlandaio, divenuto un pittore affermato, aveva cominciato a lavorare per Francesco Sassetti, fidato banchiere della famiglia Medici amante dell'arte e della cultura.
Il Sassetti era in contatto con i migliori artisti dell'epoca, tra i quali Giuliano da Sangallo, l'architetto prediletto del Magnifico, a cui aveva affidato il proprio monumento funebre nella Cappella Sassetti della chiesa di Santa Trinita a Firenze, dove Ghirlandaio avrebbe realizzato un ciclo di affreschi con le storie di San Francesco d'Assisi, il santo omonimo a cui era devoto il committente.
La decorazione, considerata il capolavoro dell'artista, ebbe inizio nel 1482 e tre anni dopo, il giorno di Natale dell'anno 1485, vi fu l'inaugurazione solenne.
Così il Vasari: "acquistando fama grandissima et in credito venuto, a Francesco Sassetti lavorò in S. Trinita una cappella con istorie di S. Francesco, la quale opera è mirabilmente condotta, e da lui con grazia, con pulitezza e con amor lavorata".

Al centro si vede la pala d'altare con l'Adorazione dei pastori in cui Maria è inginocchiata dinanzi al Bambino, adagiato dinanzi a un sarcofago romano che fa da mangiatoia per il bue e l'asinello. San Giuseppe volge lo sguardo all'arrivo del corteo dei Magi, mentre a destra tre pastori adorano il Signore. Il primo, che indica Gesù, è il pittore stesso che realizza un proprio autoritratto, come farà in altre composizioni della cappella, divenendo protagonista della scena.

Una delle novità di Ghirlandaio è proprio quella di inserire personaggi e committenti della città di Firenze a lui contemporanea. Ai lati di questa pala sono posti in preghiera il Sassetti, a destra, e sua moglie Nera Corsi, a sinistra, anch'ella sepolta nella cappella.
Sulla parete di sinistra si vedono la Rinuncia ai beni terreni, con cui ha inizio la narrazione, in cui il giovane Francesco si è spogliato di tutti i suoi vestiti e ha rinunciato ad ogni ricchezza. Suo padre, Pietro di Bernardone, in preda alla rabbia, viene invitato alla calma da un altro personaggio.

Sotto è rappresentato il Miracolo delle stimmate con il santo al centro rivolto verso il crocifisso sostenuto da un gruppo di angeli. Egli ricevette le stimmate presso il santuario francescano della Verna, fedelmente raffigurato dal pittore sulla sommità di una rocca che fa da sfondo alla scena. A destra si scorge invece una ricostruzione fantasiosa della città di Pisa riconoscibile dal Duomo e dalla celebre torre. Nel cielo torna il motivo faunistico degli uccelli, mentre dietro il santo i due cervi mostrano la grande versatilità rappresentativa dell'artista.

Sulla parete centrale, ci sono partendo dall'alto la Conferma della regola, ambientata in piazza della Signoria a Firenze - con la Loggia ancora priva dei capolavori statuari di Benvenuto Cellini e Giambologna - e a sinistra Palazzo Vecchio. Si possono riconoscere a destra anche i celebri personaggi della città, al tempo considerata la nuova Roma, come lo stesso committente, vestito di rosso, a fianco del suo signore, Lorenzo de' Medici, ma anche il poeta Agnolo Poliziano, il primo a salire le scale.
I protagonisti della Firenze quattrocentesca assistono all'approvazione della regola francescana da parte di papa Innocenzo III.

Al di sopra della pala d'altare è invece dipinto il Miracolo del fanciullo resuscitato, un miracolo postumo di san Francesco che appare in cielo benedicendo il bambino posto al centro della composizione. Assistono al prodigio diversi personaggi, come alcuni componenti della famiglia Sassetti, ma anche il Ghirlandaio stesso, il primo a destra, rivolto verso lo spettatore con le mani ai fianchi, quasi a mostrare con orgoglio la sua opera.

Sulla parete di destra è dipinta la Prova del fuoco, che fa riferimento al viaggio di Francesco in oriente presso il sultano, il quale gli chiese una prova estrema della sua santità cioè di attraversare il fuoco. Il santo chiese ai consiglieri del sultano di farlo insieme a lui, ma questi, spaventati, fuggirono.

Il ciclo si conclude con l'affresco della Morte di San Francesco, situato appena sopra la tomba del committente e ambientato in modo originale all'interno di una chiesa rinascimentale. Attorno al corpo del santo i personaggi mostrano una pluralità di stati d'animo; tra loro, anche in questo dipinto, sono raffigurate persone realmente vissute.

Nel corso di tutta la sua carriera artistica Ghirlandaio, con l'aiuto della sua bottega, diede vita a numerose pale d'altare raffiguranti una sacra conversazione. Tra queste il capolavoro è sicuramente la Sacra conversazione degli Ingesuati, databile al 1483-1484 e custodita alla Galleria degli Uffizi. Originariamente si trovava sull'altare maggiore della chiesa di San Giusto alle Mura, detta degli Ingesuati, per la quale Pietro Perugino aveva anch'egli lavorato a tre dipinti visibili agli Uffizi: l'Orazione nell'orto, la Crocifissione e la Pietà.
La composizione è divisa in tre parti orizzontali. In quella inferiore i santi Zanobi e Giusto, vescovo di Volterra, dalle soffici barbe e dagli abiti pregiati, sono in ginocchio rivolti verso Maria e tra loro vi è un vaso di fiori profumati.
Al centro è la Vergine, dalle fattezze dolcissime, con in braccio il Bambino benedicente, che assomiglia molto nei lineamenti alla madre, dettaglio stupendo che ricorda per tenerezza la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca.
Dietro a Maria si vedono quattro graziosi angeli festanti, mentre ai suoi lati a sinistra l'arcangelo Michele ha in mano un'armatura lodata da Vasari e a destra l'arcangelo Raffaele, con in mano il giglio, guarda verso lo spettatore.
Nella parte superiore si scorge un giardino, che costituisce una delle novità più importanti dell'opera, ricorrente in altre sacre conversazioni di questo periodo come per esempio in Botticelli.
Il giardino, tradizionalmente legato alla figura della Vergine, diviene un luogo carico di valenze allegoriche come la grazia e la purezza che pervade la Madonna, preservata dal peccato originale. Dunque il giardino fiorito e rigoglioso si fa specchio, immagine dell'anima.

Al Museo del Louvre di Parigi si conserva invece una bellissima Visitazione realizzata nell'anno 1491. L'anziana Elisabetta, che da lì a poco darà alla luce Giovanni Battista, colmata di Spirito Santo nel saluto di Maria, si slancia in ginocchio verso di lei e viene accolta in un abbraccio affettuoso. L'atmosfera appare serena nonostante le espressioni delle due donne lascino intravedere la consapevolezza dei rispettivi destini dei propri figli. Nello scorcio alle loro spalle sembra intravedersi la città di Roma, velata dalla foschia, distinguibile dall'arco di trionfo e dal Pantheon.
Scrive l'evangelista Luca: Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Negli anni immediatamente successivi alla conclusione della Cappella Sassetti, Ghirlandaio venne incaricato della decorazione pittorica della Cappella Maggiore della basilica di Santa Maria Novella, nota come Cappella Tornabuoni dal nome della famiglia, anch'essa molto vicina ai Medici, che commissionò l'opera.
Ghirlandaio vi lavorò dunque dal 1485 al 1490 circa, aiutato dalla sua bottega e probabilmente dal giovane Buonarroti, anche se solo in qualità di apprendista.
Il committente, Giovanni Tornabuoni, scelse come tema della raffigurazione le scene della vita di Giovanni Battista, il suo santo omonimo e protettore della città. Sono inoltre rappresentate sulla parete di sinistra le scene della vita della Vergine in un ordine che va dal basso verso l'alto. Nella volta sono infine dipinti i quattro evangelisti.

Si comincia dalla parete di sinistra con le Storie di Maria e in particolare dalla Cacciata di Gioacchino dal Tempio, per arrivare alla Morte e Assunzione della Vergine situata nella grande lunetta in alto. La qualità pittorica di quest'ultima scena è sicuramente inferiore rispetto alle altre; l'artista lasciò probabilmente più spazio ai giovani allievi data la posizione dell'affresco.
Nella prima si nota invece una lussuosa loggia a croce greca che diviene la vera protagonista della vicenda. L'architettura sarà l'elemento unificante per tutto il ciclo della cappella, vero e proprio palcoscenico per i personaggi. Così come nei dipinti della Cappella Sassetti, il Ghirlandaio si ritrae nella scena rivolto verso lo spettatore indicando orgogliosamente se stesso, circondato, scrive il Vasari, dal suo maestro Alesso Baldovinetti, situato alla destra dell'autore, Sebastiano Mainardi da San Gimignano, vestito di nero, suo discepolo e cognato, infine dal fratello minore Davide, anch'egli pittore, rivolto con le spalle all'osservatore.

L'elemento architettonico ritorna già nella scena seguente, la Natività di Maria, una delle più riuscite della cappella, lodata dal Vasari per l'elemento della luce che proviene da una piccola finestra situata a destra ad illuminare la scena. Si nota infatti che il fregio frontale è illuminato, mentre quello di destra rimane all'ombra.
"Nella seconda storia è la Natività della Nostra Donna fatta con una diligenzia grande; e tra le altre cose notabili che egli facesse, nel casamento o prospettiva, è una finestra che dà 'l lume a quella camera, la quale inganna chi la guarda".

Al centro della lussuosa stanza Sant'Anna è a letto, mentre una nutrice versa dell'acqua e altre due tengono in braccio la piccola Maria. Una di queste culla con amore la neonata facendola ridere, mentre l'altra si accorge dell'arrivo di alcune donne in abiti eleganti a far visita alla piccola e a sua madre; la prima della processione è Ludovica Tornabuoni, figlia del committente. A sinistra, in cima ad una scala, è rappresentato l'abbraccio tra Anna e Gioacchino che portò al concepimento di Maria. Ella infatti, immacolata, è priva della lussuria del peccato originale. L'affresco si specchia, sulla parete opposta, alla Nascita di San Giovanni Battista.

Segue la Presentazione al Tempio della Vergine, scena caratterizzata dalla complessa architettura tra le cui colonne si perde un paesaggio contemporaneo all'artista realizzato con un sapiente uso della prospettiva.
La Madonna sale le scale dirigendosi verso il sacerdote, con lo sguardo rivolto a noi, mentre dietro di lei Anna e Gioacchino, con le aureole, indicano la figlia.
In basso a destra siede sui gradini un uomo che osserva la scena con atteggiamento malinconico. Riferimento, con molta probabilità, alla filosofia antica, sembra l'anticipazione dell'Eraclito dipinto da Raffaello Sanzio nella Scuola di Atene, in onore del rivale Michelangelo.

Accanto a questa è lo Sposalizio della Vergine, mentre più in alto l'Adorazione dei Magi, gravemente danneggiata al centro e infine la Strage degli Innocenti, che il Vasari elegge a migliore del ciclo, perché "condotta con giudizio, con ingegno et arte grande". Nella scena concitata alcune madri lottano disperatamente per salvare i propri figli, condannati a morte dal re Erode al fine di trovare tra loro anche Gesù. Subito dopo l'arrivo dei Magi, però, Giuseppe era stato avvertito in sogno da un angelo e aveva condotto in salvo il figlio e la moglie.
Sullo sfondo un maestoso arco di trionfo, riferimento all'Arco di Costantino, contrasta nella sua perfezione geometrica con la frenesia dell'episodio.

Sulla parete delle Storie di Giovanni Battista la Visitazione costituisce il punto di contatto tra i due cicli di affreschi, cioè quando Elisabetta, che porta in grembo Giovanni, sente muoversi il suo bambino alla presenza di Maria e di Gesù nascituro.
Secondo gli studiosi fu durante la decorazione di questa cappella che il Ghirlandaio, osservando Michelangelo intento nel disegnare alcune figure degli affreschi, avrebbe compreso il suo innato talento, tanto da lasciarlo agire direttamente nell'opera. Sarebbero suoi i tre giovani di spalle affacciate al parapetto. Si tratta però solo di un'ipotesi in quanto il Buonarroti era sì il migliore apprendista della bottega ma pur sempre un garzone di soli tredici anni e per affiancare il maestro bisognava possedere maggiore esperienza nella pittura e nell'uso dei colori a fresco.

Torna poi nella Nascita di San Giovanni Battista l'ambientazione raccolta e domestica già incontrata nella Natività di Maria, che si trova di fronte in perfetta specularità, del quale Vasari loda la bellezza della donna che entra in scena portando sul capo una cesta con dei frutti e il gesto della donna a sinistra che chiede di tenere tra le braccia il neonato.

Uno dei dipinti che concludono questo ciclo è il Battesimo di Cristo, in cui il Battista battezza Gesù sulle rive del Giordano, estremamente importante sia per contenuto tematico, in quanto culmine ideale delle due storie, ma anche pittorico, con richiamo all'opera del Verrocchio a cui partecipò il giovane Leonardo.
Scrive l'evangelista Marco: In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».

Così come nella Visitazione anche qui si è fatta l'ipotesi della presenza della mano di Michelangelo. Questa volta avrebbe addirittura dipinto i due giovani nudi in attesa di essere battezzati, con quello di destra accovacciato nella medesima posa dei garzoni della bottega impegnati nella preparazione dei colori.

Esiste effettivamente un disegno giovanile custodito in Casa Buonarroti a Firenze in cui si può scorgere il giovane di spalle alla sinistra di Gesù, dimostrando l'effettivo studio di tali figure da parte del futuro artista. Se Michelangelo abbia poi davvero partecipato anche in minima parte a questi capolavori rimarrà sempre tra i misteri della storia dell'arte, proprio quelli che spesso ci spingono a recarci ad osservare certe opere, nella ricerca di quei dettagli che donano ancor più grandezza e prestigio a meraviglie già di per sé così preziose.
Ciò che resta è sicuramente il merito di Domenico Ghirlandaio di aver accolto Michelangelo nella sua bottega e di averlo guidato nella scoperta del proprio talento, trasmettendogli una tecnica, quella della pittura a fresco, che lo porterà a realizzare la volta della Sistina e il Giudizio universale.
Soprattutto Ghirlandaio fu per lui una guida, una luce in grado di far risplendere nella sua anima l'amore per l'arte e di esaltare le sue predisposizioni naturali per poi farsi da parte, lasciando spazio all'allievo, come solo un vero maestro è in grado di fare.