Giuliano da Sangallo

Ritratto di Giuliano da Sangallo - Piero di Cosimo - 1485 circa

Nato a Firenze nel 1445, Giuliano da Sangallo fu l'architetto prediletto di Lorenzo il Magnifico. Proveniente da una celebre famiglia di architetti, era fratello di Antonio da Sangallo il Vecchio e zio di Antonio da Sangallo il Giovane e di Bastiano da Sangallo.
Una volta mancato il suo mecenate si trasferì nel 1492 nella Milano di Leonardo da Vinci e di Donato Bramante; successivamente, con l'elezione di Giulio II della Rovere al soglio di Pietro, venne chiamato a Roma a lavorare per la corte pontificia.
Fu con molta probabilità proprio Giuliano da Sangallo a fare il nome al pontefice di un talentuoso scultore della sua città, un uomo che si era distinto per opere come il David, ma che qualche anno prima era passato anche a Roma firmando la Pietà, vale a dire Michelangelo Buonarroti.

Una delle sue opere più significative è Villa Medici di Poggio a Caiano, in provincia di Prato, modello per molto tempo di villa signorile suburbana. Realizzata tra il 1480 e il 1485, presenta un'originale soluzione architettonica, ossia il collocamento dell'edificio su un alto basamento porticato accedendovi mediante due scalinate. All'interno della villa le decorazioni saranno affidate nel corso del Cinquecento ai pittori fiorentini Andrea del Sarto, Pontormo e, più avanti, Alessandro Allori.

Sempre a Prato realizzò tra il 1484 e il 1495 il progetto architettonico della chiesa di Santa Maria delle Carceri, considerato uno dei capolavori tra gli edifici a croce greca.

Il Sangallo si ispirò ai lavori dei suoi illustri predecessori, Leon Battista Alberti e, soprattutto, Filippo Brunelleschi; la chiesa sembra infatti un omaggio alla Cappella Pazzi del Brunelleschi situata a Firenze in un chiostro della basilica di Santa Croce.

Una volta a Roma poté mettere la sua esperienza a servizio di papa Giulio II della Rovere, rimasto nella storia per il suo mecenatismo capace di rendere la città di Roma quella che oggi contempliamo.
Bisogna immaginarsi un episodio straordinario avvenuto nel gennaio dell'anno 1506, quando uno scavo archeologico sul Colle Esquilino riportò alla luce un'enorme scultura di marmo.
Giulio II incaricò il Sangallo di recarsi subito sul luogo per capire di cosa si trattasse; insieme a lui si precipitò anche Michelangelo. Dal terreno emergeva nel frattempo un gruppo marmoreo, un nudo virile dalle bellissime fattezze, con un braccio alzato e l'altro teso a impugnare un serpente pronto a mordergli il fianco. Si trattava del Laocoonte, custodito nei Musei Vaticani, dove il pontefice volle collocarlo non appena compreso il valore della scoperta.
Il soggetto, reso celebre da Virgilio nell'Eneide, era stato menzionato da Plinio, che indicava come autori tre scultori greci di Rodi, i migliori del loro tempo, ossia Agesardo, Atanodoro e Polidoro.
L'opera, di una bellezza e di una terribilità senza pari, sarà fondamentale per Michelangelo, da sempre affascinato dall'esaltazione della fisicità e dell'anatomia umana.

Sangallo a Roma ebbe modo anche di lavorare ai grandiosi progetti per la costruzione della Basilica di San Pietro che vide impegnati i migliori artisti dell'epoca; tuttavia il papa, che lo considerava il rappresentante di una tradizione fiorentina ormai ritenuta superata, gli preferì il Bramante ed il Sangallo, deluso, decise così di fare ritorno nella città natale.
Con l'elezione di Leone X Medici nel 1513 fu di nuovo a Roma ed ottenne finalmente l'ambita carica di primo architetto della fabbrica insieme a Raffaello Sanzio. Vi lavorò però solo sino al 1515, spegnendosi l'anno seguente nella sua città. Si può tuttavia osservare un disegno del suo progetto per la basilica, custodito alla Galleria degli Uffizi nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, in cui appare evidente la scelta di una pianta longitudinale simile a quella che oggi conosciamo opera di Carlo Maderno.