I paradisi artificiali

Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: è l'unico problema. Per non sentire l'orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi tiene a terra, dovete ubriacarvi senza tregua. Ma di che cosa? Di vino, poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi.

Da Lo Spleen di Parigi

L'assenzio - Edgar Degas - 1876

I paradisi artificiali è un'opera saggistica di Charles Baudelaire pubblicata nel 1861 e suddivisa in tre sezioni contenenti le descrizioni delle sensazioni provate dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti quali hashish, oppio e vino. Il testo, provocatorio e rivoluzionario, scardinò i canoni dell'estetica tradizionale, aprendo la strada a una concezione del bello e dell'arte totalmente nuova: al fumatore d'hashish si offre infatti per l'autore la possibilità di accedere a un'esperienza estetica estremamente più ampia di quella concessa all'individuo in pieno controllo delle proprie facoltà fisiche e psichiche. L'innovazioni delle teorie di Baudelaire furono immense, evidenziando in lui una capacità di osservazione straordinaria e un'adesione totale alla vita in ogni sua forma.

Charles Baudelaire fotografato da Félix Nadar.

Il primo saggio contiene un paragone tra gli effetti del vino e quelli dell'hashish. Da un iniziale elogio della droga quale strumento per soddisfare il "gusto dell'infinito" si passa ad una irrimediabile condanna. Se da una parte il vino esalta la volontà, "l'organo più prezioso" di un Artista, l'hashish la annulla, diventando "inutile e dannoso" per l'uomo creativo. L'esperienza dell'hashish non viene tuttavia respinta totalmente: tra gli effetti della droga Baudelaire ricorda la scomparsa del Tempo e le sinestesie create tra suoni, colori, profumi, "corrispondenze" che caratterizzano la sua intera produzione. Inoltre lo scrittore, secondo numerose fonti, era solito abusare di queste sostanze.
Nell'opera Baudelaire predilige il vino quale strumento che l'uomo usa per esaltare la sua personalità e la sua grandezza, per ravvivare speranze ed elevarsi all'infinito, al punto da mettere in guardia da chi non ha mai fatto uso di questa bevanda. La predilezione verso il vino ritorna anche nella sezione del capolavoro I fiori del male dedicata appunto al vino.

"Un uomo che beve soltanto acqua ha un segreto da nascondere"...

Il bevitore di assenzio - Édouard Manet - 1859

Incipit

A J.G.F

Mia cara amica,
il buon senso ci dice che le cose della terra durano poco, e che la vera realtà si trova soltanto nei sogni. Per digerire la felicità naturale, come quella artificiale, bisogna avere innanzitutto il coraggio di ingoiarla; e le persone che forse meriterebbero la felicità sono proprio quelle alle quali la felicità — almeno come la concepiscono i mortali — ha sempre avuto l'effetto di un emetico.
A delle menti sciocche sembrerà singolare, e persino impertinente, che una descrizione di voluttà artificiali sia dedicata a una donna, la fonte più comune delle voluttà più naturali. Tuttavia è evidente che, come il mondo naturale penetra in quello spirituale, gli serve da nutrimento e concorre così a creare quell'indefinibile amalgama che chiamiamo la nostra individualità, la donna sia l'essere che proietta l'ombra più grande o la luce più grande nei nostri sogni. La donna è fatalmente suggestiva; lei vive di un'altra vita, oltre alla propria; vive spiritualmente nelle fantasie che lei stessa ossessiona e feconda.
È assai poco importante, del resto, che la ragione di questa dedica venga compresa. Ma poi è davvero necessario, per la soddisfazione dell'autore, che un qualsiasi libro venga compreso, se non da colui o da colei, per cui è stato scritto? Per farla breve, è forse indispensabile, in definitiva, che esso sia stato scritto per qualcuno? Per quanto mi riguarda, ho così poca inclinazione per il mondo dei vivi che, alla maniera di quelle donne sensibili e sfaccendate le quali — si dice — spediscono per posta le loro confidenze a degli amici immaginari, scriverei volentieri soltanto per i morti.
Ma questo libretto non lo dedico ad una donna morta; bensì a colei che, sebbene ammalata, è sempre viva ed operosa dentro di me, e adesso volge tutti i suoi sguardi verso il Cielo, luogo di tutte le trasfigurazioni. Infatti, l'essere umano non gode soltanto del privilegio di poter godere di una temibile droga, ma anche di poter trarre gioie nuove e sottili persino dal dolore, dalla catastrofe e della fatalità.
In questo quadro vedrai un uomo errante, cupo e solitario, immerso nella mobile fiumana delle moltitudini, il quale rivolge il suo pensiero e il suo cuore a un'Elettra lontana che, poc'anzi, gli asciugava il sudore della fronte e gli rinfrescava le labbra incartapecorite dalla febbre; e tu comprenderai la gratitudine di un altro Oreste del 
quale spesso hai vegliato gli incubi, e dal quale, con mano materna e leggera, dissipavi il sonno spaventevole.

C. B.

Donne di Algeri nelle loro stanze - Eugène Delacroix - 1834

L'incipit è importante poiché dedica l'intero saggio a una donna, collegando i piaceri artificiali provocati dalle sostanze stupefacenti a quelli naturali derivanti dal desiderio per una donna. Ella vive spiritualmente nelle fantasie che lei stessa ossessiona e feconda; vive dunque un'altra esistenza oltre alla propria. L'amore di Baudelaire per le donne è espresso come gusto della vita, fascino della bellezza e sogno impossibile di un altrove dove l'esistenza scorra serena e speranzosa. L'uomo non riesce però a resisterle; gli autori da sempre vengono ispirati dalla bellezza femminile e compiono viaggi poetici grazie anche solo a uno sguardo dell'amata. L'apparizione della donna nella poetica di Baudelaire è sia miracolosa che sensuale, al tempo stesso salvifica e inquietante, angelica e infernale; è una "femme fatale" che si contrappone alla figura angelicata degli stilnovisti e alla Beatrice di Dante.

La seconda parte dell'opera, Il poema dell'hashish, è una trattazione sulla natura, sull'uso e sugli effetti della droga.
La terza parte, intitolata Un mangiatore d'oppio, riporta una serie di brani tratti dalle Confessioni di un oppiomane di Thomas De Quincey, che vengono collegati tra loro e commentati.