Di Marco Catania

Regine d'Italia

Regine d'Italia

L'indiscutibile fascino di una monarchia si esprime più che mai - oltre che nella figura del sovrano - nell'immagine della regina, a cui solitamente si legano maggiormente i cuori dei sudditi, come avvenne nel nostro paese durante i primi anni del Novecento, regnante la monarchia sabauda.
Il segreto del mito delle regine, pur non avendo la possibilità di esercitare concretamente il potere, risiede nel fascino femminile e materno a cui - per naturale predisposizione - si accostano i sentimenti popolari, vale a dire quell'eterno femminino regale di cui scrissero poeti come Giosuè Carducci, convinto repubblicano, Gabriele d'Annunzio e Giovanni Pascoli, i quali cantarono l'eleganza e la dolcezza della prima regina dell'Italia: Margherita di Savoia.
Nel momento dell'unificazione nazionale il "Padre della Patria", Vittorio Emanuele II, aveva già perso la moglie Maria Teresa d'Asburgo, mancata nell'anno 1855 a seguito dei numerosi parti, dunque l'Italia nacque sotto una monarchia priva della figura della regina consorte. Sebbene il sovrano si fosse risposato con Rosa Vercellana, nota come la "bella Rosina", ella non poteva essere incoronata in quanto il matrimonio fu "morganatico", ossia che sanciva l'impossibilità della moglie di ottenere i privilegi del consorte, pur potendo stargli accanto nella vita di tutti i giorni. Al tempo le regine - e forse questo è un altro elemento che ne accresceva il fascino - dovevano infatti essere principesse di altre famiglie reali.
Bisogna allora immaginare l'attesa, nel 1878, quando il trono passò a Umberto I, che si era sposato con la cugina Margherita, anch'ella appartenente alla famiglia regnante e scelta dallo stesso Vittorio Emanuele per il suo stile e la sua eleganza. Vera e propria professionista del trono, Margherita era destinata, nell'immaginario collettivo, a divenire quasi più celebre del marito, sicuramente nella coscienza e nell'affetto popolare.
Protagonista assoluta dei fastosi ricevimenti al Quirinale, dai pranzi ai cenacoli intellettuali che invece annoiavano il marito, Margherita seppe consolidare il legame della corona con i sudditi, viaggiando molto con il re per l'Italia, rafforzandone il senso unitario ancora precario. Margherita era però anche una regina dalle convinte idee nazionaliste, cresciuta con un retaggio antico del potere dinastico, sentimento che si rafforzò in lei a seguito dei numerosi attentati a cui andò incontro suo marito, sino a quello fatale avvenuto a Monza il 29 luglio 1900. La reggia, capolavoro dell'architetto Giuseppe Piermarini, è ancora oggi uno dei luoghi più emozionanti da visitare per accostarsi alla figura di Margherita, che per interpretazione del ruolo e per gli eventi storici successivi - quando ricoprì il ruolo di regina madre - chiuse veramente un'epoca, che oggi appare tanto remota.
A seguito del regicidio il trono passò a Vittorio Emanuele III, appena trentenne, il quale interpretò in modo totalmente differente il ruolo di sovrano, eliminando ogni sfarzo e conducendo una vita borghese insieme alla moglie e nuova regina d'Italia, Elena del Montenegro, sposata nel 1896.
In contrasto con lo stile di vita dei genitori, per il rammarico di Margherita, il "piccolo re" diede un forte segnale di apertura e rinnovamento ad un'istituzione che, pur mantenendo il proprio fascino, diveniva decisamente più moderna ed in linea con i tempi. Sino alla Grande Guerra, nel corso del tramonto della Belle Èpoque, l'Italia visse anni relativamente sereni, di sviluppo economico e urbanistico, tuttavia le ferite di un atroce conflitto quale fu la Prima guerra mondiale aprirono la strada ad uno dei periodi più drammatici della nostra storia, le cui conseguenze furono l'ascesa del fascismo e l'entrata del paese in una seconda folle guerra al fianco della Germania. Furono questi gli errori di una corona succube del regime di Benito Mussolini e travolta dagli atroci eventi della storia.
Come un fiore sbocciato in mezzo al nulla, Elena - regina d'Italia per più di quarant'anni - si distinse per l'amore con cui seppe stare vicino alla patria adottiva, aiutando con tenerezza i feriti di guerra e gli emarginati, divenendo un esempio positivo e da riscoprire grazie ai propri incrollabili valori morali, agendo nel silenzio in anni di retoriche vane e roboanti.
Elena visse con dolore l'epilogo della monarchia, rimanendo vicino con devozione al marito sino negli ultimi tristi giorni dell'esilio, straziata dalla perdita della figlia Mafalda, la principessa rapita dai nazisti e deportata in un campo di concentramento.
Il figlio di Elena e Vittorio Emanuele, Umberto II, fu il "re di maggio" che tenne il potere negli ultimi istanti della monarchia, rappresentando degnamente la corona nel periodo del referendum istituzionale del 1946, al quale non partecipò la nuova regina d'Italia, la principessa del Belgio Maria José, che aveva sposato l'erede al trono italiano nel 1930, quando tutti seguivano le notizie dell'unione principesca con entusiasmo e come un vero e proprio sogno, destinato però a dissolversi in poco tempo. Profondamente antitedesca, Maria José visse con apprensione le sorti del suo paese nativo e la cattura del fratello, re Leopoldo III, accostandosi agli intellettuali e ai rappresentanti di spicco dell'antifascismo.
Nonostante un matrimonio infelice - conseguenza però anche del precipitare degli eventi - Umberto e Maria José, come ebbe a dire anche Indro Montanelli, sarebbero stati degli ottimi regnanti, in un'Italia che ancora oggi manifesta un profondo senso di smarrimento a livello unitario, priva di figure autorevoli e di spicco capaci di rappresentarla degnamente.

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