Giovanni Santi

Uno tra i patrimoni artistici italiani più preziosi e suggestivi è certamente la cittadina di Urbino, vera e propria "città ideale" per chi voleva coltivare la propria passione per la nobile professione delle arti.
Qui nacque e ricevette la sua prima formazione Raffaello Sanzio, il quale deve molto al suo luogo natale e a suo padre, Giovanni Santi.

Città ideale - attribuita a Luciano Laurana - Urbino, Galleria nazionale delle Marche

Se ogni bambino che viene al mondo è infatti portatore di un determinato talento, per far sì che questo si esprima c'è bisogno di un adeguato contesto ambientale e, ancor di più, di maestri all'altezza di questo compito, capaci di appassionare e mostrare la strada giusta. Giovanni Santi rappresentò questo per il giovane Raffaello, un padre capace di far emergere il naturale talento del figlio e guidarlo verso un destino che lo portò dalla Madonna di Casa Santi, dipinta a soli quindici anni, passando per la Scuola di Atene delle Stanze Vaticane e al ruolo di primo architetto della basilica di San Pietro, sino alla meravigliosa Trasfigurazione, l'opera conclusiva della sua immensa carriera artistica.

Ho contemplato le opere dei più grandi artisti, ho incontrato i potenti e da loro sono stato ammirato, tutto inizia da qui, origine della mia esistenza, rifugio della mia anima...

Tutto ha dunque inizio per Raffaello dall'immagine di una mamma con in braccio il suo bambino, portata nel suo cuore per tutta la vita a seguito della perdita della madre quando aveva solo otto anni. Alcuni studiosi attribuiscono il dipinto a Giovanni Santi, il quale avrebbe raffigurato la moglie con il loro figlio appena nato, ricordando un affettuoso e sereno momento familiare, ma presto l'opera divenne il simbolo di un bambino prodigio, prima espressione del suo innato talento, nonché una delle sue Madonne più celebri e delicate, per lui la più cara e preziosa.
Ancor più dolce è immaginare che Raffaello e Giovanni abbiano dipinto insieme l'opera, mentre il padre, orgoglioso del figlio, gli trasmetteva le sue conoscenze, lasciandolo poi libero di crescere e perfezionare la sua tecnica nella prestigiosa bottega di Pietro Perugino.

Giovanni Santi, che sin da giovane decise di dedicarsi all'arte, senza però che nessuno lo sostenne in questa scelta, era infatti ben consapevole di quanto fossero importanti gli insegnamenti ricevuti in tenera età. Così lo descrive Giorgio Vasari nelle Vite: "pittore non molto eccellente, ma sì bene uomo di buono ingegno et atto a indirizzare i figliuoli per quella buona via che a lui, per mala fortuna sua, non era stata mostra nella sua gioventù".

Così, prima di affidarlo al Perugino, introdusse il figlio nell'ambiente squisitamente raffinato della corte di Federico da Montefeltro, del quale era l'artista di fiducia, l'organizzatore culturale. Gli mostrò inoltre le opere di un altro autore determinante per Raffaello, vale a dire Piero della Francesca, da cui apprese l'eleganza, l'uso sapiente della luce e le esatte proporzioni.

Ritratto di Federico da Montefeltro - Piero della Francesca - Firenze, Galleria degli Uffizi

Una volta lasciata Urbino, Raffaello si recò a Firenze, città che viveva anni di assoluto splendore artistico e culturale, e qui conobbe niente meno che Leonardo da Vinci, del quale divenne allievo.
Qualche anno dopo papa Giulio II della Rovere decise di chiamare a Roma il giovane Raffaello, probabilmente su consiglio del Bramante, architetto della fabbrica di San Pietro proveniente anch'egli dall'ambiente urbinate. Subito gli furono assegnate le decorazioni degli appartamenti papali, quelle che da quel momento tutto il mondo conoscerà come le Stanze di Raffaello.

Il capolavoro assoluto dell'Urbinate, custodito nella Stanza della Segnatura, che al tempo doveva essere adibita a biblioteca papale, è la Scuola di Atene, nella quale sono presenti diversi omaggi a pittori contemporanei.
Lo stesso autore si è ritratto nell'estrema destra dell'affresco, rivolto verso lo spettatore ed in compagnia di una figura più anziana, quella che alcuni studiosi sostengono essere l'immagine di suo padre, Giovanni Santi, il suo primo maestro, collocato tra i grandi artisti e pensatori dell'umanità.
Per il poeta francese Stendhal si tratta invece del Perugino, ma più probabile è la versione per la quale il personaggio sarebbe il Sodoma, pittore che prima del Sanzio aveva lavorato alla decorazione di gran parte della volta della sala. Raffaello allora, con grande sensibilità, lo avrebbe collocato vicino a sé come predecessore.


Al mio papà.

Scritto in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello (1520-2020).

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