Cino da Pistoia

Guittoncino dei Sigibuldi, noto come Cino da Pistoia, fu un poeta del Dolce Stil Novo che nacque intorno al 1270 e morì nel 1336 a Pistoia.

Studiò diritto a Bologna dove si formò anche a livello letterario.

Appartenente alla fazione dei guelfi neri, fu esiliato tra il 1303 e il 1306. La donna di cui era innamorato, cantata con il nome di Selvaggia, veniva invece da una famiglia di parte bianca e fu condannata all'esilio tra il 1306 e il 1310 dove morì. I due vissero dunque un sentimento sofferto di cui parla il sonetto sottostante.

Cino insegnò giurisprudenza in alcune città italiane tra cui Siena, Perugia e Napoli dove fu maestro del giovane Giovanni Boccaccio.

Fu amico di Cavalcanti e Dante, il quale lo cita con molta ammirazione nel De vulgari eloquentia. Fu apprezzato anche dal Petrarca che nel Canzoniere pianse la sua morte. La figura di Cino è fondamentale per il suo rilevante canzoniere di circa 165 componimenti in cui si trovano tutti i motivi dello Stilnovismo e in quanto fece da tramite tra i poeti fiorentini del Duecento e Petrarca.

Io fuʼ ʼn su lʼalto e ʼn sul beato monte
chʼiʼ adorai baciando ʼl santo sasso,
e caddi ʼn su quella pietra, di lasso,
ove l'onesta pose la sua fronte,

e ch’ella chiuse dʼogni vertù il fonte
quel giorno che di morte acerbo passo
fece la donna de lo mio cor, lasso,
già piena tutta dʼadornatezze conte.

Quivi chiamai a questa guisa Amore:
«Dolce mio iddio, faʼ che qui mi traggia
la morte a sé, ché qui giace ʼl mio core».

Ma poi che non mʼintese ʼl mio signore,
mi dipartiʼ pur chiamando Selvaggia;
lʼalpe passai con voce di dolore.