Arthur Rimbaud

Solo l'Amore divino conferisce le chiavi della conoscenza.


Nato a Charleville nel 1854, fu il poeta che con Charles Baudelaire ha contribuito maggiormente alla trasformazione del linguaggio della poesia moderna.

Rimbaud, che incarnò pienamente la figura del "poeta maledetto", è stato uno dei maggiori esponenti, insieme a Paul Verlaine e Stéphane Mallarmé, del Simbolismo, movimento artistico, letterario e musicale della seconda metà dell'Ottocento.
La poetica simbolista è antirealistica e incontaminata dalle problematiche sociali; l'artista non si sente parte della società e indaga, attraverso la sensibilità, nell'abisso dell'animo umano per cercare di spiegare i desideri dell'inconscio e i sogni, attraverso una scrittura autobiografica e soggettiva. Scompare dunque la figura del poeta vate, della quale il massimo esempio fu Victor Hugo, ma nasce quella del poeta veggente che si eleva, consapevole di un mistero più grande, ad indagare l'ignoto. Solo attraverso l'intuizione poetica ci si può infatti avvicinare a scoprire un'altra realtà, più profonda e misteriosa rispetto a quella percepibile con i sensi.
«Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi».

Quando aveva solo sei anni, il padre di Rimbaud abbandonò la famiglia, evento che segnò la vita del futuro poeta, sebbene non in modo drastico. La responsabilità dell'educazione dei figli passò allora alla madre, donna severa e decisa. A scuola Rimbaud era un allievo modello e si distinse sin da subito per la straordinaria precocità intellettuale, componendo versi sin dai dieci anni incoraggiato da un maestro che ne comprese subito le potenzialità, così come il preside, che disse di lui: «In questa testa non germina niente di ordinario. Diventerà il genio del Male o il genio del Bene».
Il carattere ribelle portò Rimbaud, quando aveva ancora sedici anni, a fuggire di casa per lasciarsi alle spalle la vita tranquilla a cui era destinato, recandosi alla scoperta di Parigi. Senza soldi, viaggiò a piedi per tutta la Francia e fece vita da strada, in un vagabondare il cui grande entusiasmo è da ricercare nelle nuove letture che fece, come le poesie di Baudelaire e Verlaine.
Con quest'ultimo avrebbe iniziato una lunga e appassionata relazione omosessuale, talmente difficoltosa e fuori dalle regole che, nell'estate 1873, durante un soggiorno in Belgio, Verlaine, in preda agli effetti dell'alcolismo, sparò all'amico, che amava come un figlio, ferendolo ad un polso e finendo per essere incarcerato.
Rimbaud incominciava intanto a concepire sé stesso come un profeta, un poeta veggente capace di arrivare all'ignoto, senza timore di perdersi e impazzire, questo non era importante, perché altri dopo di lui avrebbero ripreso ad indagare nel mistero proprio dove lui era caduto.
Nonostante una breve vita, Rimbaud realizzò una corposa produzione poetica, di più, la realizzò interamente entro i ventuno anni, nel 1875, quando decise, inspiegabilmente, di smettere di scrivere. Proprio in quest'anno si fermò per qualche settimana a Milano, ospite di una vedova in un appartamento affacciato su piazza del Duomo. La donna rimane una figura misteriosa che si ipotizzò fosse la sua amante mentre era legato a Verlaine; la decisione di lasciare la scrittura, ancora più incredibile. Forse l'evento dell'aggressione avvenuto due anni prima, che ruppe il rapporto con Verlaine, lo aveva scioccato, forse per dedicarsi interamente alla sua passione per i viaggi che lo portarono sino in Africa.
Composto nel momento più tormentato della relazione con Verlaine, Une saison en enfer, Una stagione all'inferno, è uno dei capolavori di Rimbaud, uscito contemporaneamente alla raccolta di poesie Romanze senza parole di Verlaine, il suo scritto più rilevante. Quest'ultimo affermò che l'opera dell'allievo era come una specie di prodigiosa autobiografia psicologica. Realizzata a diciannove anni, è composta da prose di varia lunghezza, intervallate da poesie. Anche le prose sono a loro volta separate da pagine bianche, in modo da suggerirne il loro carattere poetico: Rimbaud voleva infatti portare prosa e poesia quasi al punto di coincidenza, in una direzione che apre alla sperimentazione novecentesca. Il testo inizia bruscamente, senza preliminari di immagini o caratteri particolari, con degli asterischi, e si conclude senza indice, quasi a voler indicare un'urgenza e un'immediatezza del contenuto. Il poeta era infatti folgorato da vere e proprie illuminazioni, avvertendo l'esigenza di scrivere di getto per inseguire l'idea che era andata delineandosi nella sua mente, a volte commettendo anche qualche errore di ortografia, così da non perdere il proprio pensiero.

La copertina, in rosso e nero, doveva alludere invece al carattere infernale del testo. Rimbaud traccia in esso il bilancio della propria vicenda umana e della ricerca poetica, avvertendo un doppio fallimento, e percepisce come follia anche la figura del poeta veggente. Forse l'opera, che si presenta come una sorta di diario intimo, è la motivazione stessa, a seguito di questa introspezione, del perché smise di scrivere. Egli si presenta come il grande maledetto, disperato nella sua ricerca e nel bisogno di Dio che però è assente; proprio quest'assenza lo ha indotto a tentare altre vie per arrivare alla salvezza, nella vita come nell'arte.
In un celebre sonetto contenuto nell'opera, intitolato Voyelles, Vocali, presenta la teoria dell'associazione tra una vocale e un determinato colore: A nera, E bianca, I rossa, O blu, U verde, accostando i suoni vocalici a cinque diversi colori, facendo corrispondere sensazioni di origine diversa, utilizzando dunque la figura retorica della sinestesia. Inutile tentare di spiegare, secondo un criterio logico, queste corrispondenze. La poesia è qualcosa di soggettivo, frutto non della conoscenza umana, ma di un'esperienza irrazionale, delle suggestioni esercitate dalla dimensione psichica del poeta o, semplicemente, dai suoni delle parole. Già Baudelaire al Salon del 1846 aveva affrontato l'analogia tra colori, suoni e profumi, ripresa successivamente nel sonetto Corrispondenze, considerato il manifesto del Simbolismo.

Nel 1891 venne ricoverato per un tumore alla gamba e le sue condizioni di salute si aggravarono, tanto che dovettero amputarla. Appena si sentì meglio manifestò il desiderio di rimettersi in viaggio, ma i dolori non erano cessati e le sue braccia perdevano vitalità giorno dopo giorno. Magrissimo, provato dall'insonnia, lenendo gli insopportabili dolori con la morfina, sapeva di non aver più molto tempo. Poco prima di morire disse alla sorella: "Andrò sottoterra, e tu camminerai nel sole". Sembra infatti che in punto di morte abbia riabbracciato quella fede cattolica alla quale era stato educato. Si spense troppo presto, a 37 anni, ed oggi riposa nella sua città natale. Verlaine iniziò a pubblicare alcuni tra i suoi numerosi scritti inediti in modo che la sua poesia venisse conosciuta, finendo alla fine per influenzare, con la sua potenza, tutta la creazione successiva.

Nelle azzurre sere d'estate, andrò per i sentieri,
punzecchiato dal grano, a pestar l'erba tenera:
trasognato sentirò la frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
 
Io non parlerò, non penserò più a nulla:
ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,
e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro,
nella Natura, lieto come con una donna.