La traviata

Nell'arco di appena due anni, nel cuore del XIX secolo, tra il 1851 e il 1853, il grande compositore Giuseppe Verdi portò in scena tre titoli che lo consacreranno definitivamente e che renderanno il suo mito immortale sino ai nostri giorni. Si tratta della celeberrima "trilogia popolare" costituita da Rigoletto, Il trovatore e La traviata. Quest'ultima è sicuramente la sua opera più nota - tratta dal romanzo La signora delle camelie di Alexandre Dumas - che lo rese famoso anche oltre i confini nazionali, la cui prima assoluta vide la luce a Venezia, al Teatro La Fenice, a seguito di alcune incomprensioni con gli impresari che avevano allontanato il musicista dal Teatro alla Scala di Milano. Sebbene l'iniziale insuccesso a causa del tema particolarmente moderno e anticonvenzionale, La traviata era destinata a divenire presto, nell'immaginario collettivo, una delle opere più rappresentative dell'intero repertorio operistico mondiale.
Come per il Rigoletto, Verdi si affidò al librettista Francesco Maria Piave, con il quale aveva un rapporto diretto e che - grazie alla sua poca esperienza - gli consentiva di intervenire direttamente nella stesura. Per Il trovatore il testo del libretto venne affidato invece a Salvadore Cammarano, inizialmente titubante per il soggetto scelto, con il quale il compositore parmense aveva sicuramente meno confidenza.
Sebbene fosse ambientata negli anni dell'Ottocento contemporanei alla stesura, l'opera, per sfuggire alla censura, fu spostata a livello di ambientazione al secolo precedente, affinché le prime rappresentazioni ottenessero maggior fortuna senza dare adito allo scandalo.
Nella versione definitiva la trama de La traviata si svolge a Parigi a metà Ottocento, dove nella prima scena, a seguito di un emozionante preludio, il sipario si apre nell'elegante salotto di Violetta Valéry, donna mondana che riceve i suoi ospiti, tra i quali incontra per la prima volta il giovane Alfredo Germont, il quale inneggia all'amore proponendo un brindisi: "Libiamo ne' lieti calici".
Al clima festoso, a ritmo di valzer, si unisce Violetta, colta però improvvisamente da un malore, segno della tisi già in stato avanzato.
Una volta ripresasi, la donna nota che Alfredo si è trattenuto, e che questi, preoccupato, la rimprovera per non essersi presa cura della sua salute cagionevole. Violetta gli chiede allora da quanto la ammiri segretamente e il giovane le confessa di amarla ormai da un anno, quando l'aveva vista per la prima volta.
Violetta appare profondamente turbata e scossa da quelle parole, ma essendo una donna corrotta e incapace d'amare, che ha vissuto nel lusso e nella trasgressione della Parigi caotica di quegli anni, propone all'ammiratore solamente un'amicizia, esprimendo però, con il pegno amoroso di un fiore, l'intenzione di rivederlo. Rimasta sola, pur riflettendo sulla possibilità di vivere un amore vero, la protagonista sembra intenzionata a continuare a vivere da cortigiana, grazie al suo protettore, il barone Douphol, che le consente di avere tutto quanto desidera.
Il secondo atto si apre in uno scenario completamente diverso, a seguito di un salto cronologico che vede Violetta convivere ormai da tre mesi nella casa di campagna di Alfredo, dove i due innamorati trascorrono momenti di serenità e di gioia in un'atmosfera che dovrebbe favorire anche la ripresa della donna dal punto di vista del suo stato fisico.
L'armonia è infranta dal sopraggiungere sulla scena del padre di Alfredo, Giorgio Germont, la voce baritonale che rappresenta una figura di fondamentale rilevanza per lo sviluppo della trama, sicuramente posta in risalto rispetto che nell'opera di Dumas. Le parti paterne, nel teatro verdiano, sono infatti sempre al centro dell'attenzione del musicista, che ne tratteggia i profili con grande cura psicologica, si pensi in Rigoletto o in Aida.
Germont, pur consapevole della felicità del figlio, si dimostra preoccupato per quella relazione che ne mette in discussione la propria rispettabilità, nonché il suo onore. Mostrando alla povera giovane il triste futuro a cui andrebbe incontro, spiegandole come il figlio si sarebbe stancato di lei una volta sfiorita la sua bellezza, le intima di abbandonarlo per sempre.
Violetta, consapevole che la sua condotta precedente mai le verrà perdonata, accetta di sacrificarsi per il bene dell'amato, facendogli credere che intende tornare dal suo vecchio amante, il barone Douphol. Prima di fuggire e rimanere da sola, Violetta aveva intanto chiesto ad Alfredo di giurarle amore eterno, in uno dei motivi musicali più noti del dramma, tanto commovente proprio perché presagio di sventura: "Amami Alfredo".
Incurante degli avvertimenti paterni, Alfredo cerca disperato l'amata, trovandola a casa di una amica durante i festeggiamenti per il carnevale. Nel corso di un ballo in maschera la reticenza della donna si contrappone all'incomprensione di Alfredo, amante distratto che nel corso di una partita a carte arriva ad insultare Violetta, umiliandola pubblicamente, pagandola per i favori ricevuti. Gli invitati insorgono contro Alfredo, mentre sopraggiunge anche Germont a rimproverarlo. Si notano in questa scena la cifra della festa e del gioco, con cui si era aperto il dramma - contrapposte al tragico epilogo - ma anche le diverse psicologie dei due protagonisti. Se Violetta risulta essere una figura femminile di straordinaria bellezza morale, redenta dai peccati commessi e profondamente innamorata, disposta a sacrificarsi come una vera e propria eroina romantica ma più che mai realistica, dall'altra parte Alfredo si rivela certamente mediocre e insicuro rispetto alla donna.
Da notare è come i principali protagonisti verdiani seguano un percorso di elevazione che, partendo da una condizione negativa, si volge in positivo e diviene manifesto stesso di bellezza, proprio come l'animo di Violetta, ormai così lontana dalla prima scena in cui era apparsa come la mondana protagonista di un salotto frivolo e festoso. Seguendo l'insegnamento di Dante - nel cui capolavoro della Commedia il lettore arriva a credere alla visione di Dio nella cantica del Paradiso proprio perché l'autore ha mostrato anche le anime dannate dell'Inferno nel loro più crudo realismo - Verdi riesce così a ritrarre per l'eternità il nobile animo di un personaggio femminile destinato a divenire uno dei più conosciuti nella cultura umanistica, quasi come la Francesca da Rimini del Canto V dell'Inferno o la Giulietta di un autore che fu costante punto di riferimento per il musicista, vale a dire William Shakespeare.
Ormai in fin di vita, Violetta rimane sola nella sua camera da letto mentre per le strade parigine impazza il carnevale, altra componente di festa e di riso che contrasta con la scena principale. Alfredo, che ha scoperto la verità dal padre, si precipita dall'amata e i due, per un solo attimo, sognano un futuro felice insieme. Raggiunge i due innamorati anche Germont, in preda al rimorso, ma per Violetta, sfinita, è ormai troppo tardi. Nelle ultime battute ella ha mostrato nuovamente l'affetto sincero nei riguardi di Alfredo, chiedendogli di essere felice e di sposarsi con una donna che lo ami veramente, ma di non dimenticarla mai, toccando l'eternità in questo istante di amore e morte.