Novembre

Fra le liriche più antiche di Giovanni Pascoli, è contenuta in Myricae e si sofferma sulla descrizione del paesaggio autunnale di campagna, riprendendo la celebre poesia San Martino di Giosuè Carducci, di cui inizialmente il componimento pascoliano presentava il medesimo titolo. Il preciso istante descritto è una serena giornata della cosiddetta "estate di San Martino", tra il giorno in cui sono celebrati i defunti e quello dedicato al santo, quando il tepore del sole novembrino è solamente un'illusione che il gelo possa tardare ad arrivare. Tuttavia "l'estate, fredda, dei morti", non è che presagio di dolore ed il paesaggio diviene emblema di un sentimento di morte che affligge l'io poetico, come testimonia anche il ritmo spezzato dei versi, con le tre strofe saffiche - composte da tre endecasillabi e un quinario - che rappresentano un crescendo di malinconia e precarietà, sino a confluire in un'ultima strofa più che mai frammentata dai segni di interpunzione e nell'evocativo enjambement conclusivo.

Gèmmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l'estate
fredda, dei morti.