L'infinito

Tra i componimenti più celebri dell'intera letteratura italiana, è il capolavoro di Leopardi. Composto all’età di vent’anni, nella primavera del 1819, il poeta si trova sulla cima del monte Tabor, a Recanati, dove è solito recarsi a pensare. La siepe alta che gli sta di fronte gli impedisce di vedere il paesaggio sottostante, ma proprio questo ostacolo alla percezione, insieme allo stormire del vento tra le foglie, attiva la capacità immaginativa la quale è, per il giovane letterato, l'unica possibile felicità per l'uomo.

L'infinito, concetto che impegnò e interrogò molto il poeta, non è realmente conoscibile per l'uomo, non è nulla di concreto, ma un prodotto del pensiero, che noi ci formiamo a partire dalla sensazione dell'indefinito.

Perso in questa straordinaria immaginazione, Leopardi pensa all’eterno, alle età passate e alla donna amata. Il cuore ha quasi paura, perché l’infinito è un concetto che ci fa provare allo stesso tempo una sensazione di piacere e di paura angosciante. Questi sentimenti sono tipici dell’esperienza del sublime.

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.