Canto III

Gli ignavi e Caronte

Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.

Comincia il vero e proprio viaggio nell'Inferno, con Dante e Virgilio che varcano l'ingresso che conduce nel luogo di eterno dolore, dove è condannata dalla giustizia divina ogni anima dannata, come recita l'iscrizione sulla gigantesca porta.
Virgilio spiega a Dante il senso di queste parole, invitandolo ad armarsi di coraggio per affrontare l'arduo cammino fra le anime che hanno perduto per sempre la visione di Dio. Con un sorriso rassicurante e prendendolo per mano, l'amorosa guida introduce il Poeta in quel regno del male e del dolore negato ai viventi se non per volontà celeste.
Dante sente echeggiare in lontananza pianti, lamenti e sospiri, chiedendo spiegazione su chi fosse quella gente che tanto era affranta. Virgilio risponde che dinanzi a loro vi sono le anime di coloro che in vita non furono né buone né malvagie, ossia gli ignavi, "che visser sanza 'nfamia e sanza lodo", incapaci dunque di schierarsi e di fare una scelta politica o religiosa, spesso arrecando dolore con il loro vile comportamento. Il cielo li ha così rifiutati, ponendoli in una collocazione, l'Antinferno, che testimonia come la dannazione dell'Inferno sia più onorevole della loro sorte. Si tratta del primo contrappasso per gli ignavi a cui si aggiunge quello di dover inseguire per l'eternità una bandiera bianca priva di significato, mentre vengono punti da mosconi e da vespe, con il loro sangue che, per terra, nutre luridi vermi.
Tra gli ignavi Dante riconosce l'anima di colui "che fece per viltade il gran rifiuto", vale a dire papa Celestino V, il quale, abdicando al soglio petrino, favorì l'ascesa di Bonifacio VIII, acerrimo nemico del Poeta.
Per entrare definitivamente nel regno infernale, Dante e Virgilio dovranno superare le rive dell'Acheronte, il primo fiume dell'Inferno, sulle cui rive un gruppo di dannati attende l'arrivo del demone "bianco per antico pelo", ossia Caronte.

Caronte ammonisce le anime peccatrici e annuncia la loro imminente partenza per l'Inferno: "Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo". Accorgendosi che Dante è ancora vivo, il nocchiero infernale gli ordina di allontanarsi, ma Virgilio lo zittisce quietando la sua ira e dichiarando la volontà divina del viaggio.
Alle minacce di Caronte, i reprobi, bestemmiando, salgono una a una sulla barca del demone che batte con il suo remo quanti indugiano. Virgilio intanto rassicura Dante invitandolo a ripensare alle parole ci Caronte che si sono rivelate una profezia di salvezza. La barca di anime condannate si allontana salpando le acque dell'Acheronte, mentre un forte terremoto sconvolge il Poeta che, persi i sensi, cade "come l'uom cui sonno piglia".

Giudizio Universale (dettaglio) - Michelangelo Buonarroti - 1540 circa - Città del Vaticano, Cappella Sistina